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Capricci nei bambini: cosa sono davvero e come gestirli senza stress

mar 14

6 minuti di lettura

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capricci

“Il bambino che ha contato su di noi per contenere la sua collera, un giorno conterà su di sé.” Maria Montessori


Caro Genitore,


Quante volte ti sei trovatə in quella situazione? Il tuə bambinə urla, si butta per terra, piange disperatə e tu, dentro di te, pensi: "Ecco, un altro capriccio!" Magari ti viene voglia di alzare gli occhi al cielo e sospirare profondamente, oppure senti il nervoso salirti nelle mani, nel petto, nella testa: "È già stata una giornata difficile, perché ci si mette anche lui/lei adesso?"

Diciamocelo, gestire queste situazioni non è una passeggiata. Ma se ti dicessi che i capricci, in realtà, non esistono?



 

🔍Perché non dovremmo parlare di capricci


"Dai, smettila di fare i capricci!" Quante volte ce lo siamo sentitə dire da piccolə? E magari, quante volte lo abbiamo detto?


Ma che cos'è davvero un capriccio?

Il termine viene dall'antico "caporiccio", che indicava una voglia improvvisa e bizzarra, spesso ostinata anche se di breve durata. Col tempo, è diventato sinonimo di ostinazione, voglia irrazionale, testardaggine senza motivo. Ed è così che abbiamo imparato a etichettare le reazioni dei bambinə: inspiegabili, eccessive, da spegnere sul nascere.


Ma proviamo a ribaltare la prospettiva: Immagina di tornare a casa dopo una giornata complicata. Sei stancə, affamatə, magari frustratə per qualcosa che non è andato come speravi. Provi a sfogarti con qualcuno, ti vengono le lacrime, serri i pugni, e senti l'altro che dice: "Dai, basta fare i capricci!"

Che effetto ti fa? Forse ti arrabbieresti, forse ti sentiresti incompresə. Sicuramente non ti aiuterebbe a stare meglio. Ecco, per i bambini è lo stesso.


Ciò che chiamiamo "capriccio" è, in realtà, un momento di sovraccarico emotivo, una vera e propria crisi. Un'onda che travolge, che tuə figliə privo degli strumenti per gestirla, esprime come può: con il pianto, con la rabbia, con la frustrazione, fino a volte all’aggressività.

Non è un trucco per manipolare. Non è un dispetto. Non è una sfida. È un messaggio.

Lo ripeto:

Non è un trucco per manipolare. Non è un dispetto. Non è una sfida. È un messaggio.


E se invece di spegnere quel messaggio, provassimo ad ascoltarlo? Se smettessimo di domandarci "Come posso farlo smettere?" e iniziassimo a chiederci "Cosa sta cercando di dirmi?"

Forse scopriremmo che dietro un pianto inconsolabile c'è solo un bisogno di rassicurazione. Che dietro a una richiesta insistente si nasconde una ricerca di autonomia. Che dietro a quella che chiamiamo ostinazione, c'è solo un bambino che lotta per essere compreso.

E forse, in quel momento, la parola "capriccio" perderebbe di significato.

Perché il vero cambiamento non sta nel controllare il comportamento del bambinə, ma nel cambiare il nostro modo di leggerlo.



 

🚀 Capricci o crisi? Un cambio di prospettiva


I bambinə, soprattutto quando piccoli, non hanno ancora sviluppato la parte del cervello che regola le emozioni: il loro sistema nervoso è ancora in costruzione, e questo significa che faticano a gestire la frustrazione, l'attesa, i cambi di programma, la stanchezza. Per loro, tutto è adesso. 


Non hanno ancora la capacità di dire "Sono stancə, ho bisogno di riposare", né di trovare da soli strategie per calmarsi. Quando qualcosa li sovrasta – che sia un bisogno insoddisfatto, un desiderio negato, la fatica accumulata – reagiscono nel modo più istintivo che conoscono: con pianti inconsolabili, urla, corpi che si irrigidiscono o si lasciano andare.


Le emozioni lə travolgono, il suo sistema nervoso va in tilt, la disregolazione prende il sopravvento. È come un incendio che divampa all’improvviso: rapido, intenso, inarrestabile. E in quel momento, il nostro istinto spesso ci porta a reagire allo stesso modo: alziamo la voce, ci irrigidiamo, cerchiamo di fermare quella tempesta emotiva con la nostra. Ma il fuoco non si spegne con altro fuoco.


Se davanti alla sua esplosione emotiva rispondiamo con rabbia, impazienza o frustrazione, non facciamo che alimentare il caos. Al contrario ha bisogno di qualcuno che sia in grado di contenere, di assorbire, di regolare. Ha bisogno di acqua: la nostra calma, la nostra stabilità, la nostra presenza che dice "Va bene, ci sono. Anche in questo momento difficile."


Un bambino disregolato ha bisogno di un contenitore. E quel contenitore sei tu.


Il che non significa ignorare la sua crisi o lasciarlo libero di fare qualsiasi cosa, ma essere la guida che lo aiuta a superarla. Significa restare solidə quando il suo mondo vacilla, significa offrirgli il nostro equilibrio quando lui lo ha perso.


👉[Puoi leggere un approfondimento qui].


 

Allora, come possiamo agire?


Ecco strumenti pratici per affrontare una crisi emotiva con gentilezza ed efficacia, trasformando quei momenti difficili in occasioni di crescita e connessione.


📌 PENSIERO:


1. Resta calmo tu (o almeno provaci)

Lo so, più facile a dirsi che a farsi! Ma lə bambinə prende esempio da te. Se reagisci con urla o frustrazione, o dici nervosamente "Dai, calmati!", alimenterai il suo stato di agitazione. Fai un esercizio di immaginazione e pensa a un posto o una situazione che ti fa sentire in pace. Se ti vede calmə, sentirà che il caos dentro di lui o lei è gestibile.


2. Riconosci il bisogno nascosto 

Dietro una crisi può esserci un bisogno inespresso: fame, sonno, stanchezza, bisogno di attenzioni. Mettiti il cappello del ricercatore e prova a capire cos’ha davvero bisogno e quale messaggio vuole comunicarti.



📌 AZIONE:


3. Cambia posizione fisica (muovi il corpo)

Se lə bambinə è sdraiato a terra, siediti accanto a lui o a lei invece di restare in piedi. Se è bloccatə in una posizione di tensione, prova a muoverti lentamente e con intenzione, magari mettendoti al suo stesso livello. Il cambiamento fisico può innescare un cambio emotivo.

E ricordati di guardarlə negli occhi. Questo gesto non è solo un "trucco", ma un modo empatico per entrare nel suo mondo.

👉[Vai alla pagina social. Ne ho parlato anche qui].


4. Offri un contatto fisico (solo se lo vuole)

La tua presenza regolata è già un supporto estremamente utile. Se desideri però puoi chiedergli: "Vuoi un abbraccio?" oppure “Posso mettermi qui accanto a te”. Se rifiuta, non prenderla sul personale, rimani vicino, respiro profondo e piano B.


5. Offri un’attività post crisi

Comunica quello che succederà passata la crisi: "Appena ti sentirai prontə, potremmo leggere un libro insieme o fare un disegno." L’idea non è ignorare l’emozione, ma offrire un’ancora sicura per tornare alla calma.


6. Rallenta il tempo e i movimenti

Quando la crisi esplode, il nostro istinto è quello di farla finire il prima possibile. Ma affrettarsi spesso peggiora la situazione. Prova a fare movimenti più lenti e controllati e parlare lentamente scandendo le parole e allungando le pause. Rallentare tu aiuta il bambinə a sincronizzarsi con il tuo stato.


7. Usa la sorpresa (con delicatezza)

A volte un piccolo gesto inaspettato può interrompere il loop della crisi: un rumore buffo, un oggetto tenuto in mano in modo curioso ("Wow, guarda questa molletta, sembra che voglia ballare!"), o un cambio di tono improvviso (da serio a sussurrato). Sposta l’attenzione quel tanto che basta per creare uno spiraglio di curiosità e intercettare la sua attenzione.



📌 PAROLE:


8. Accogli le emozioni (anche se vorresti farle uscire dalla finestra 🤯)

Evitare frasi come "Non c'è motivo di piangere!" o "Dai, non fare così!" perché, spoiler: per il bambinə un motivo c'è, eccome. Sta vivendo un’emozione intensa e ha bisogno di sapere che va bene provarla. Puoi dirgli: "Vedo che sei molto arrabbiatə, sono qui con te".


9. Togli il focus dalla parola "NO"

Invece di ripetere cosa non può fare, parlagli delle alternative o scegli frasi in positivo. Ad esempio: al posto di "No, non puoi avere un altro gelato," prova a dire: "Se hai fame, puoi scegliere tra uno yogurt e una banana."


10. Usa poche parole e un tono calmo (niente monologhi alla Shakespeare 🎭)

Quando un bambinə è in crisi, troppe parole possono sopraffarlo. Meglio frasi semplici e dirette: "Sei arrabbiatə, capisco. Sono qui con te." Poche, chiare e dette con voce calma. Cercare di spiegare o far ragionare in questo momento non sortirebbe l’effetto sperato creando più frustrazione che stabilità.



🔄 POST CRISI:


+1 Riflettete insieme dopo la crisi (senza processi in tribunale)

Quando la tempesta è passata, è utile parlarne con calma: "Ti sei sentitə molto arrabbiatə prima, vero? Cosa possiamo fare la prossima volta?". Aiutarlo a dare un nome alle emozioni e trovare insieme delle soluzioni per le crisi future, è un grande passo per la sua crescita emotiva.



 

💡Domande per riflettere


Ora, Caro Genitore, fermati un attimo e prova a riflettere su queste domande:


  • Quando vedo mio figlio in crisi, come mi sento? Quali emozioni emergono in me?

  • Quali frasi uso di solito per calmarlo? Sono davvero di supporto o rischiano di minimizzare le sue emozioni?

  • Riesco a rimanere calmo o mi sento subito sopraffattə?

  • Quali di questi strumenti posso iniziare a usare da subito?

  • Come posso migliorare la connessione con miə figliə nei momenti di crisi?

  • Riesco a riconoscere i suoi bisogni nascosti prima che sfocino in una crisi?



 

Prima di salutarci...


Eccoci arrivati alla fine, Carə Genitore, e come avrai capito, il modo in cui rispondi a unə bambinə in crisi non solo lo aiuta a calmarsi, ma costruisce anche le basi per la sua futura gestione emotiva. Ogni volta che scegli di accogliere e non reprimere, stai piantando un semino importante per il suo sviluppo.



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A presto.

Silvia.


 

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