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Papà e Genitorialità: 4 miti da Sfatare e 4 Cose che invece Servono Davvero ai Padri di Oggi

apr 3

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papà genitorialità


“Mio padre mi ha fatto il miglior regalo che si possa fare a un figlio. Ha creduto in me. " - Jim Valvano

Caro Genitore,


Questo non è un articolo per chi pensa che la mamma debba fare tutto.


Se dentro di te risuona ancora l'idea che il genitore vero sia la madre, che il padre serva più che altro a "dare una mano", che venga escluso da alcune scelte educative o che sia normale che non sappia cosa fare perché tanto ci pensa lei... allora fermati qui. Questo spazio non è pensato per chi vuole continuare a vivere nella comoda convinzione che i ruoli genitoriali siano statici e predefiniti.


🤗 Ma se invece senti che c'è qualcosa che stona nel modo in cui ancora oggi si parla di genitorialità, se ti accorgi che il ruolo del padre è troppo spesso invisibile, decorativo o delegato a un secondo tempo... allora resta. Perché oggi parliamo di una cosa scomoda. Di quelle che a volte mettono in discussione, che a volte danno fastidio a chi non vuole cambiare ma che accendono una luce potente in chi ha il coraggio di guardare davvero.


Parliamo del ruolo dei padri. Di cosa serve per riconoscerlo, nutrirlo e valorizzarlo. Di quanto abbiamo bisogno di abbandonare le vecchie etichette per costruire nuove alleanze educative, più vere, più libere, più evolute.


 

4 Miti da Spazzare Via sui Papà


1️⃣“Il papà aiuta”


"Aiutare" può andare bene quando si parla di portare le borse o sistemare la spesa. Ma quando si tratta di crescere un essere umano, non è più una questione di aiuto: è una responsabilità condivisa, un ruolo pieno e prezioso, educativo, affettivo, trasformativo.


Se non useremmo la parola “aiuta” parlando di una madre, forse non è la più adatta neanche per i padri.

Continuare a usare questo termine rischia di rafforzare un’idea culturale che pone tutto il carico mentale sulla madre, come se fosse lei la “vera” responsabile e lui un supporto. Un padre che cucina, cambia pannolini, accompagna a scuola… sta semplicemente facendo il genitore.


Secondo una ricerca ISTAT del 2022, solo il 52% dei padri italiani è coinvolto nella cura quotidiana. Un dato che ci invita a riflettere: non è una questione naturale, ma culturale.💛



2️⃣“Il papà è il ‘genitore di riserva’”


Succede spesso: quando la mamma è stanca, si chiede al papà di “dare una mano”. Ma cosa succederebbe se iniziassimo a vedere la genitorialità davvero come una squadra, invece che come una gerarchia?

Frasi come “stasera puoi fare tu il bagnetto? Così mi riposo.” sembrano piccole, ma raccontano tanto. Raccontano l’idea che la gestione dei figliə non sia equamente condivisa di default.


Anche nei media, i papà vengono spesso ritratti come goffi o inesperti, come se fosse normale non sapere come si cambia un pannolino o come procedere nella routine serale. Ma la verità è che i padri hanno tutte le potenzialità per essere presenti, competenti, coinvolti. Serve solo fiducia… e spazio.



3️⃣“Ai papà viene meno naturale”


La narrazione comune che si sentono ripetere molti padri è che per loro è tutto meno spontaneo. E spesso questa diventa anche per loro una scusa per non apmpliare la loro zona di comfort.

Tuttavia gli studi sulla neuroplasticità mostrano che il cervello dei padri cambia esattamente come quello delle madri, quando sono coinvolti nella cura.


Il legame, infatti, non nasce solo da un istinto, ma da ciò che si costruisce nel tempo, nella presenza quotidiana. Quando i papà sono realmente presenti, i bambinə li riconoscono, li cercano, si affidano. Se si parte insieme, fin dall’inizio - e anche da prima - ma anche se si decide di recuperare dopo, si cresce insieme. Tutti insieme.



4️⃣ “I padri sono il modello di autorità”


I padri non devono per forza incarnare solo il ruolo di “quello che dà le regole”. Possono essere molto di più: un punto di riferimento emotivo, una guida stabile, un esempio di autorevolezza gentile.


La vera autorità nasce dalla connessione, non dal potere. Quando un padre riesce a farsi spazio nella relazione – con ascolto, empatia, fermezza rispettosa – lascia un’impronta profonda e positiva.

Non serve essere duri per essere solidi. La paura non educa. La presenza sì.



 

Su quest'ultimo punto ho pensato di fare un piccolo approfondimento:

Codice materno e codice paterno: due linguaggi, un unico obiettivo


Parlare del ruolo del padre non significa metterlo in competizione con quello materno, ma riconoscere che esistono due codici educativi differenti, entrambi fondamentali per lo sviluppo del bambino: il codice materno e il codice paterno.


Ne parla in modo approfondito lo psichiatra e psicoterapeuta Massimo Recalcati, che descrive:

  • il codice materno come orientato alla protezione, all'accoglienza incondizionata, al contenimento emotivo.

  • Il codice paterno, invece, rappresenta la legge simbolica, il limite, la spinta verso l’autonomia e l’esplorazione del mondo.


Attenzione: si tratta di due funzioni che non coincidono necessariamente con il genere, ma che devono essere entrambe presenti — in modo coesistente e in dialogo tra loro — per favorire uno sviluppo armonico del bambinə.


Secondo Recalcati, "l’assenza del padre" nella cultura contemporanea non è solo una questione fisica, ma simbolica: manca un riferimento affettivo e autorevole che accompagni il figliə fuori dal guscio materno, senza strapparlo, ma invitandolo alla vita. Ecco perché è fondamentale recuperare la funzione paterna, non come autorità oppressiva, ma come presenza viva, coerente e relazionale.


Anche lo psicoanalista Luigi Zoja, nel suo libro Il gesto di Ettore, sottolinea che la figura paterna ha un ruolo essenziale nel traghettare i figli e le figlie verso il futuro, aiutandoli a separarsi senza sentirsi abbandonati. Dove manca un codice paterno sano, spesso i bambini e le bambine crescono con difficoltà nel gestire i confini, le frustrazioni e le sfide relazionali.


Il punto non è chi è più importante. Il punto è chi è davvero presente, con il proprio stile, la propria energia, la propria storia. E chi ha il coraggio di abitare il proprio ruolo genitoriale in modo consapevole, senza scappare o delegare.



 

Ma torniamo a noi...


🤗 Nuove prospettive: quelle che (quasi) nessuno racconta


I bambinə crescono meglio quando entrambi i genitori sono presenti emotivamente. Questo lo dicono anche le neuroscienze, non solo il buon senso. La presenza emotiva non è fatta solo di tempo fisico, ma di disponibilità autentica, di connessione, di partecipazione alla vita affettiva del bambino. Uno studio pubblicato sulla rivista Infant Mental Health Journal evidenzia come l'interazione empatica tra padre e figliə nei primi anni di vita favorisca lo sviluppo cognitivo, linguistico e socio-emotivo. Non è questione di ruoli predefiniti, ma di relazione.


I padri sono portatori di uno sguardo unico sulla vita, spesso più orientato all’esplorazione, al gioco, al rischio, e questo arricchisce enormemente lo sviluppo del bambino. Secondo lo psicologo Michael Lamb, esperto mondiale di psicologia dell'attaccamento, il gioco fisico e stimolante tipico della relazione padre-figliə ha un ruolo cruciale nell'insegnare al bambinə la regolazione emotiva e la gestione dei limiti. Questo tipo di interazione è diversa da quella materna, ma altrettanto necessaria. E quando viene a mancare, si perde una parte essenziale dell'educazione alla vita.


👉 Ne parlo spesso nel Percorso Evolution Parents, perché riconoscere e valorizzare questo contributo paterno diventa una chiave concreta per coinvolgere di più i papà e renderli parte attiva del processo educativo, non semplici comparse.


C’è una realtà di cui si parla poco: anche i papà, spesso, si sentono inadeguati. Solo che non lo dicono. Perché nessuno glielo chiede. Perché non c'è spazio per le loro fragilità. Eppure, è lì che si nasconde una forza educativa potentissima. Un padre che ammette di non sapere, che si mette in discussione, che chiede supporto, è un modello straordinario di umanità e crescita per unə figliə. Ma questo può accadere solo se smettiamo di chiedere ai papà di essere solo colonne portanti e iniziamo a vederli anche come esseri in trasformazione. Come genitori che imparano. Come uomini che sentono. Come adulti che evolvono.



 

👨‍👩‍👧 Cosa serve davvero ai papà di oggi e 4 domande per riflettere


Ecco cosa serve davvero ai papà di oggi per costruire una genitorialità piena, viva, significativa:


Serve spazio.

Uno spazio che non sia concesso, ma riconosciuto. Non un favore, non un'eccezione, ma un diritto. Spazio per esserci con il proprio modo, con i propri tempi, con la propria sensibilità. Spazio per costruire una relazione con i figliə che non sia una copia di quella materna, ma qualcosa di unico e potente.

Per la mamma: Riesco a fare spazio senza voler controllare tutto?
Per il papà: Che spazio mi sto prendendo, e che spazio mi sto negando?

🗣️ Serve voce.

Una voce che possa emergere senza essere subito zittita, corretta, ridicolizzata. Una voce che racconti cosa significa essere padre oggi, senza dover rientrare negli stereotipi del papà goffo o del papà padrone. Una voce che parli anche di dubbi, di paure, di sentimenti profondi. Perché i padri sentono. E molto.

Per la mamma: Sto lasciando che la sua voce sia davvero ascoltata, anche quando è diversa dalla mia?
Per il papà: Mi sto dando il permesso di raccontare come mi sento davvero?

🤗 Servono modelli nuovi, reali, umani.

Basta con l'ideale del padre infallibile o dell'eterno immaturo. Servono esempi di uomini che educano con il cuore, che sbagliano e riparano, che giocano e contengono, che piangono e si raccontano. Modelli accessibili, vivi, credibili. Padri che mostrano che è possibile esserci davvero, senza rinunciare a se stessi.

Per la mamma: Che immagine di padre sto passando ai miei figli, anche senza accorgermene?
Per il papà: Chi sono i modelli a cui mi ispiro, e sono davvero miei?

🌱 E servono percorsi.

Spazi di confronto, crescita, consapevolezza. Percorsi in cui non vengano trattati come "il genitore meno importante", ma come protagonisti attivi nella relazione educativa. Percorsi che parlino anche a loro, non solo di loro. In cui ci si senta parte, non spettatori. Perché un padre coinvolto non è una risorsa in più: è un seme piantato nella terra giusta.

Per la mamma: Sto includendo davvero il papà nei percorsi educativi o mi sto facendo carico di tutto?
Per il papà: Quale percorso sento che potrei iniziare oggi, anche solo con un passo?

 

Prima di salutarci...


Siamo arrivati alla fine, Carə Genitore, e come avrai capito, non possiamo parlare di educazione rispettosa se non rispettiamo entrambi i genitori.


Parlare di papà non è una moda, non è inclusività di facciata, non è un tentativo di bilanciare le quote per accontentare qualcuno. È un passo necessario verso un modello di genitorialità più completo, più giusto, più vero.


Per troppo tempo il padre è stato descritto come una figura marginale, funzionale solo alla disciplina o al sostegno economico. Ma la verità è che un padre è prima di tutto un essere umano capace di relazione, di cura, di trasformazione. Restituirgli voce, presenza e significato significa riconoscere che la relazione educativa si costruisce a due mani. Che i bambini hanno diritto a entrambi gli sguardi, entrambi i cuori, entrambe le presenze.


L'educazione evolutiva non può essere un monologo. Deve essere un dialogo. E quel dialogo deve iniziare proprio tra chi si prende cura. Tra chi si sporca le mani ogni giorno nella crescita di un essere umano.



Quanto spazio stai lasciando o ti stai prendendo nella crescita di tuə figliə?




A presto.

Silvia.


 



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